di Amal Souihel e Claudia Martorelli, 16/03/2023

New York City, Manhattan, Bryant Park. Tre telecamere collocate sul tetto di un ristorante riprendono la folla che transita lungo la via adiacente. I filmati sono liberamente accessibili  online. Percorrerebbero tutti ancora la stessa strada se sapessero di essere costantemente filmati e potenzialmente osservati da milioni di utenti della rete?

Con soli 100$ è stato possibile costruire un sistema di tracciamento basato su soluzioni di riconoscimento facciale. Come? Tramite servizi acquistabili on-line. 

Il riconoscimento avviene attraverso operazioni di “matching” tra i volti ripresi nei filmati ed un database che raccoglie le immagini pubblicate in rete (siti web professionali, istituzionali, accademici, social network ecc…), nel caso in esame, le immagini raccolte vedono coinvolti i passanti che lavorano nei pressi del ristorante.

Un esperimento certamente economico in termini di costi e tempi di esecuzione, che ha consentito di identificare, fra i tanti volti, quello del professore Richard Madonna del SUNY College of Optometry. 

Trattasi di un chiaro esempio di ingegneria sociale diretto a sensibilizzare la popolazione sulle reali fattezze dell’ambiente urbano, nel quale si innesta una capillare ed impercettibile rete di tecnologie in grado di rilevare l’esistenza, e non solo, dei cittadini[1].

Le telecamere installate a Bryant Park, secondo la società assegnataria della gestione del parco, consentirebbero ai cittadini di verificare, ad esempio, se è possibile prendere il sole al parco in estate o l’affluenza sulla pista di pattinaggio in inverno, il tutto comodamente dallo schermo del proprio computer[2]

L’esempio americano rappresenta proprio la prima declinazione della città “smart”, ossia della città pervasa dalla digitalizzazione per rendere servizi utili ai cittadini.

Le dimensioni della Smart city

I contorni sfumati della smart city non consentono di tracciarne una definizione universale. Il concetto di “città intelligente” si fonda su studi condotti in aree di ricerca connesse ma distinte, dalla pianificazione urbana, alla tecnologia, passando necessariamente per l’economia e la governance. Il concetto è stato infatti formulato focalizzandosi su quei contesti urbani in cui si ricorre agli strumenti di ICT (le tecnologie dell’informazione e della comunicazione) per migliorare la vita dei cittadini, la qualità dei servizi nonché la sostenibilità dell’ambiente e dell’energia. Tali tecnologie, dunque, sono sviluppate ed impiegate nei diversi settori che rendono la città smart e, tra questi, si menzionano l’ambiente, il trasporto, l’economia, i servizi essenziali e la governance.

La prima dimensione, quella ambientale, richiama alla nostra attenzione il tema della sostenibilità della città intelligente e, in particolare, la necessità di prevedere l’adozione di un sistema innovativo ed efficiente per lo  smaltimento dei rifiuti, la bonifica delle aree dismesse nonché l’utilizzo modulare dell’illuminazione pubblica, tutte finalità dirette al raggiungimento dell’efficienza energetica.

La sostenibilità investe altresì la mobilità dei cittadini, ossia la promozione di sistemi di trasporto innovativi e sicuri che migliorino gli spostamenti prestando sempre attenzione alla qualità dell’aria e dell’ambiente. Sulla scena della mobilità smart la sfida più avanzata è certamente rappresentata dai veicoli elettrici a guida autonoma che, con i loro limiti e le loro criticità da superare, offrirebbero notevoli opportunità in termini di maggiore flessibilità dei servizi di trasporto, di ottimizzazione della circolazione nonché di inclusione sociale delle persone che presentano disabilità. Si pensi, ad esempio, ad un servizio di navetta elettrica ed autonoma a portata di mano per chiunque sia in possesso di uno smartphone[3]. La navetta sfrutterebbe i sensori ed i sistemi di rilevazione dell’ecosistema “intelligente” per condurci alla destinazione desiderata, insomma, si tratterebbe di un ibrido tra un autobus ed un taxi reso possibile dall’interconnessione di dispositivi attraverso la rete (il c.d. Internet of Things, IoT).

Lo sviluppo di una  città smart e sostenibile dipenderà altresì dal modello di economia adottato, nonché dalla presenza di una forte capacità di innovazione e di una maggiore competitività tra imprese. In particolare, un modo intelligente di amministrare il flusso delle risorse della città, per renderla sostenibile, risiede certamente nell’adozione di quel modello di economia definito “circolare” (ossia quel processo di riduzione, riuso, riciclaggio e recupero dei rifiuti) che consente di conseguire vantaggi economici rilevanti alleggerendo al contempo l’impronta ecologica.[4].

Nella città “intelligente”, inoltre, assume notevole rilevanza la qualità di vita dei suoi residenti rispetto ai servizi essenziali quali la sanità, l’educazione, la sicurezza e la cultura[5] [6]

L’assenza di un concetto univoco di smart city non impedisce, comunque, di constatare la centralità dei sistemi ICT che, di fatto, plasmano l’idea di smartness. Tali sistemi sfruttano le risorse della città e forniscono l’infrastruttura ed i mezzi utili per acquisire dati, combinarli tra loro e creare informazioni che verranno poi impiegate per il miglioramento dei servizi al cittadino nonché per consentire all’”intelligenza collettiva”>, data dallo scambio delle informazioni, di fondare le politiche di amministrazione della città[7].

Cosa si intende per “data governance”?

Come già chiarito, i sistemi ICT rivestono un ruolo predominante nella smart city. In particolare, i sensori intelligenti disseminati per l’ambiente urbano raccolgono dati in forma grezza, poi aggregati e generalmente accessibili già in questa fase alle amministrazioni cittadine. I dati sono successivamente analizzati al fine di estrarre prospettive, sviluppare predizioni o persino consentire l’adozione automatizzata di decisioni[8]. Questo flusso di dati coinvolge numerose categorie di soggetti portatori di interessi diversi tra loro, come le amministrazioni nelle vesti di  fornitori di servizi, gli organi decisionali locali, le imprese private, i cittadini, le accademie ed infine le organizzazioni senza scopo di lucro[9].  La data governance è dunque lo strumento per la definizione degli aspetti operativi di tale flusso di dati ed il modo in cui le parti sopra menzionate vi parteciperanno. Pertanto, si tratta di definire aspetti quali il tipo di dati che saranno raccolti, come saranno usati, da chi, per quali finalità o chi vi avrà accesso[10].

 Sostenibilità e data governance nella smart city

Il valore aggiunto della smart city risiede nell’utilizzo di sistemi ICT per consentire il generale miglioramento della vita dei cittadini, mentre i dati raccolti dai vari sensori presenti in città sono la risorsa senza cui sarebbe impossibile fornire tali servizi.

Tuttavia, è importante sottolineare come nessun dato o informazione, ricavata dalla sua analisi, potrà fornire una prospettiva imparziale della vita urbana. Basti pensare che la scelta stessa di raccogliere un particolare tipo di dato piuttosto che un altro esprime già una decisione di indirizzo che predilige taluni interessi a discapito di altri. Ad esempio, in merito agli spazi verdi, scegliere di registrare solo la percentuale di affluenza e non anche il livello di criminalità potrebbe far pensare che la scarsa frequentazione di taluni parchi sia dovuta alla carenza di interesse della popolazione residente piuttosto che a un eventuale problema di sicurezza[11]. Ciò è ancora più evidente nell’individuazione dei parametri che guidano l’adozione delle decisioni. Ad esempio, se per la gestione del traffico si valutano quali parametri gli “orari di punta”, piuttosto che i livelli di emissione di CO2, una simile decisione sottende la scelta politica di agevolare la circolazione degli autoveicoli a discapito di pedoni e ciclisti. Ne consegue che le decisioni prese in relazione alle modalità di raccolta e trattamento di dati rappresentano scelte di carattere squisitamente politico[12].

Come già anticipato, gli attori della smart city sono portatori di interessi anche potenzialmente in contrasto tra loro; ciononostante, il coinvolgimento di ciascuno  nelle decisioni di data governance costituisce un elemento essenziale per la realizzazione di una smart city all’altezza delle aspettative di sostenibilità che le sono tipicamente attribuite[13]. Pertanto, la data governance è il mezzo necessario per bilanciare interessi e valori contrastanti rispetto alla gestione del flusso di dati nonché per determinare, secondo un approccio inclusivo, i fini  da perseguire.[14].

Il punto di partenza nella definizione delle policy di data governance dovrebbe essere l’individuazione degli scopi per cui i dati verranno raccolti, nonché la valutazione circa l’impatto che l’utilizzo di tali dati può avere, in concreto  rispetto al raggiungimento delle finalità prefissate[15]. La sostenibilità dovrebbe, quindi, essere individuata dal principio come un obiettivo nella data governance della smart city, che guiderà la scelta di quali dati raccogliere, come verranno usati e da quali attori.  Come discusso, anche l’individuazione di soluzioni per un’efficiente gestione della mobilità urbana comporta scelte di carattere politico, infatti, prediligere percorsi più scorrevoli aumentando le emissioni di CO2, piuttosto che percorsi sostenibili ma più lunghi, è una decisione di indirizzo che traduce nella data governance un certo orientamento in materia di sostenibilità.La stessa data governance finisce per essere la chiave per la sostenibilità della smart city e dello sviluppo urbano: l’intelligenza stessa della città deve essere progettata per la sostenibilità in quanto le decisioni socio-tecniche prese ad uno stadio iniziale di sviluppo della smart city possono produrre, nel lungo periodo, conseguenze indesiderate dagli effetti potenzialmente irreversibili o  difficili da correggere in seguito[16].

L’intelligenza parte dal dialogo: una smart city per tutti 

È opinione condivisa che la città del futuro debba essere intelligente e sostenibile e che la creazione di una strategia efficace dipenda dalla qualità dei dati esistenti, nonché dalla adeguata valutazione comparativa degli interessi in gioco.

Lo sviluppo di città intelligenti e sostenibili è stato l’obiettivo del progetto di ricerca Smart Cities and Communities lighthouse, condotto tra il 2014 e il 2022, finanziato anche dalla Commissione Europea attraverso il programma di ricerca Horizon 2020, che ha coinvolto più di 300 città europee nello sviluppo di 88 progetti, per un ammontare di investimenti pari ad un miliardo di euro circa[17]. Dall’osservazione delle maggiori difficoltà incontrate dalle città partecipanti, è stato possibile ricavare raccomandazioni e best practices volte a favorire lo sviluppo di città intelligenti sostenibili. Tali raccomandazioni possono essere ricondotte alla necessità di adottare una governance che favorisca il dialogo tra gli attori principali dell’ambiente urbano: cittadini, associazioni, organizzazioni, fornitori di servizi, pubbliche amministrazioni ed organi decisionali[18]

Lo sviluppo di un ambiente urbano al servizio dei cittadini, in grado di ottimizzare il consumo di risorse e di ridurre a zero l’impatto sull’ambiente, è un traguardo che certamente non potrà essere raggiunto facendo affidamento solo sulla tecnologia. Pertanto, si renderà necessario valutare adeguatamente la complessità delle esigenze dei soggetti coinvolti, nonché conciliare gli interessi economici, ecologici ed i valori sociali, fissando obiettivi a lungo termine fondati sull’adozione di una (data) governance inclusiva

[1] A. Venanzoni, Smart cities e capitalismo di sorveglianza: una prospettiva costituzionale, Forum di Quaderni Costituzionali, 20 ottobre 2019.

[2] S. Chinoy, We built an Unbelievable (but legal) facial recognition machine, New York Times, 16 Aprile 2019 https://www.nytimes.com/interactive/2019/04/16/opinion/facial-recognition-new-york-city.html

[3] S. Pettirossi, Smart City: la Città autonoma, Rivista trimestrale di scienza dell’amministrazione, 3/2020.

[4] F. Raspadori, Il contributo dell’Unione europea alla ricostruzione della nozione di economia circolare, Il diritto dell’Unione Europea, 2021.

[5] A. Aquili, La smart city e le infrastrutture digitali, Munus, 3/2021.

[6] E. Ferreri, Uno sguardo alla società. Il paradigma Smart, Indiscipline Rivista di scienze sociali, 2/2021.

[7] Sunil Choenni , Mortaza S. Bargh, Tony Busker,  Niels Netten, Data governance in smart cities: Challenges and solution directions, 2022

[8] Ellen P. Goodman, Smart City Ethics: How “Smart” Challenges Democratic Governance, in Markus D. Dubber, Frank Pasquale e Sunit Das (eds), The Oxford Handbook of Ethics of AI (Oxford University Press 2020) p. 4, dove si definiscono tre livelli nel flusso di dati tipico di una smart city: l’infrastruttura, composta dai sensori; il livello digitale, in cui i dati sono integrati e resi visibili attraverso centri di controllo o API (application programming interface, o interfaccia di programmazione delle applicazioni); il livello superiore, in cui i dati vengono trattati al fine di estrarre conoscenza utilizzabile per determinati fini.

[9] Yusuf Bozkurt, Alexander Rossmann, Zeeshan Pervez, A Literature Review of Data Governance and Its Applicability to Smart Cities (Proceedings of the 55th Hawaii International Conference on System Sciences, 2022) p. 2685.

[10] Johannes Franke, Peter Gailhofer, Data Governance and Regulation for Sustainable Smart Cities, Frontiers in Sustainable Cities 3/2021 <https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/frsc.2021.763788/full>, p. 1.

[11] Goodman n.8, p. 11, in cui tale esempio è utilizzato per far notare come le decisioni in merito alla raccolta e all’uso dei dati possono portare alla trascuratezza degli interessi di taluni gruppi di cittadini, acutizzando ulteriormente il così detto “digital divide”.

[12] Pascal D. Konig, Citizen-centered data governance in the smart city: From ethics to accountability, Sustainable Cities and Society 75/2021, p. 5.

[13] Bozkurt et al, n. 9, p. 2685.

[14] Franke, Gailhofer, n. 10, p. 7, in cui gli autori definiscono la data governance di una smart city come una sfida di carattere etico e politico in quanto la decisione sugli obiettivi che essa dovrà perseguire dovrebbe essere oggetto di deliberazione civica.

[15] Konig, n. 12, p. 6, in cui si afferma che la “primazia degli obiettivi” costituisce l’elemento centrale di una data governance sostenibile e rispettosa dei valori democratici.

[16] ibid, p. 2. Esempi di effetti indesiderati a lungo termine possono essere l’eccessiva concentrazione di dati in capo a società private fornitrici dei servizi utilizzati nella smart city e il conseguente effetto lock-in, o la privatizzazione di prerogative tipicamente pubbliche. Sul punto si veda anche Goodman, n. 8, pp. 7-9.

[17] Commissione Europea, ‘Smart Cities Marketplace – Projects and sites overview’ <https://smart-cities-marketplace.ec.europa.eu/projects-and-sites>.

[18] Judith Borsboom-van Beurden et al. Systemic Changes in Governance. Equipping local governments for realising climate-neutral and smart cities (Gennaio 2023).